Qualche settimana fa la Thailandia è stata premiata dai massimi vertici della OMS per i successi raggiunti nel contenimento della pandemia di Covid-19.
Alla data odierna il Laos ha dichiarato 24 casi di contagio da Covid, nessuno dei quali con effetti mortali. Dal 1 novembre 2020 il piccolo Paese asiatico ha eliminato tutte le misure di contenimento, fatta eccezione per la chiusura dei confini, che rimangono accessibili solo a cittadini muniti di visto di lavoro e a coloro che provengono da Paesi inseriti in un’apposita safe list.
Al di là della macabra gara tra chi abbia registrato meno morti, il minimo comune denominatore che ho rilevato tra i Paesi del sud-est asiatico continentale è tutto in due fattori: la chiusura dei confini e l’assenza di dissenso interno.
Osservando il caso italiano, invece, si rileva tutt’altro che chiarezza, ma la costante diffusione di messaggi contraddittori, da parte della stampa, dei medici e delle autorità.
Ciò, a mio avviso, ha reso le misure di contenimento meno efficaci e ha diffuso un clima di irritazione tra i cittadini, alle prese con regole e opinioni contraddittorie.
Thailandia, Laos, Vietnam e Myanmar hanno registrato pochi casi rispetto a paesi europei (in rapporto alla popolazione), ma va da sé che i Paesi menzionati parlano con una voce sola: quella del primo ministro.
I giornalisti, come prevede il loro ruolo in questi Paesi, si limitano a riportare quanto dichiarato dalle autorità stesse e che può essere sintetizzato in modo assai lineare: problema, analisi, soluzione, comunicazione.
Non troverete mai su un giornale thailandese, laotiano o vietnamita l’opinione di un virologo che contraddice quella di un ministro, o quella del governatore di una provincia che dissenta da quanto dichiarato da un epidemiologo.
L’autorità centrale decide e comunica in maniera gerarchica le disposizioni alla catena di comando, come in una struttura militare.
La democrazia, in situazioni emergenziali, ha dimostrato di non essere sempre adeguata. La pluralità di opinioni ha generato solo incertezza, confusione e malcontento.
Elogio dei regimi autoritari? Nient’affatto. Tra le motivazioni che hanno consentito alla Thailandia di ottenere il plauso della OMS si parla espressamente di “forte leadership”, unitamente a un solido sistema sanitario pubblico.
Questa forma di autoritarismo – eviterei di parlare a sproposito di dittatura, parola che evoca stivali neri e braccia tese – si è dimostrata più efficace di un sistema che, in nome della libertà di stampa ed opinione, ha dato voce a tutti: medici, infermieri, portantini, sindaci di paeselli sperduti, ministri e governatori di regioni con manie di protagonismo. Senza contare la miriade di esperti laureati all’università della vita che diffondono opinioni scientifiche su Facebook, condite di congiuntivi che litigano con gli avverbi.
Il mio primo impatto con il sud-est asiatico risale al 2010, e fu devastante.
Due anni dopo ci tornai per un lungo viaggio a cavallo di sei Paesi. Doveva essere solo un’esperienza rigenerante e invece finii per scavare dentro me stesso.
Quei sei mesi cambiarono la mia vita.
2 comments so far
GinoPosted on4:48 pm - Nov 13, 2020
articolo molto interessante e condivisibile ….
Mauro in AsiaPosted on6:00 pm - Nov 13, 2020
Grazie Gino